
A parlare era un bambino di circa otto o nove anni. La persona a cui si rivolgeva era Stefano Fresi, uno degli ospiti della prima giornata del Giffoni Film Festival. Per la cronaca, lui è un musicista/attore molto attivo nel cinema e nella televisione italiana degli ultimi anni. Io lo conoscevo di vista, mi sono documentato su di lui in occasione del festival.
Il bambino invece sembrava conoscerlo un po’ meglio, con più
entusiasmo e meno professionalità (uno dei vantaggi di essere bambini);
chiamava – affacciato al bordo della transenna – il volto che ha visto in tv (o
perché no, al cinema, dato che l’attore ha frequentato di più il grande
schermo) perché voleva un suo autografo. Ma non era ancora il momento degli
autografi e Stefano è stato trascinato via dalla sicurezza per rispettare i
rigidi tempi di marcia della kermesse; finito le interviste stampa, da lì a
poco Stefano per prima cosa andrà dal bambino e gli scriverà l’autografo. E’ un
gigante buono, Stefano: gli è bastato un blue carpet per farlo capire a tutti.
E io che ho visto questa scena ho pensato che è bello che un
bambino si entusiasmi tanto per l’attore che conosce e ha visto dal vivo, senza
stare lì a soppesare la sua popolarità, a computare l’importanza di una persona
con la malignità stupida di un adulto.
Poi chissà se quell’autografo sparirà in un cassetto o vivrà da reliquia. Penso a quelli che possiedo io, e me li ritrovo sobriamente incorniciati sugli scaffali della mia stanza, perché fondamentalmente hanno un loro preciso posto in ciò che sono e ciò che faccio. Spero tanto che l’autografo di Stefano Fresi faccia lo stesso nella vita di quel bambino.
Poi chissà se quell’autografo sparirà in un cassetto o vivrà da reliquia. Penso a quelli che possiedo io, e me li ritrovo sobriamente incorniciati sugli scaffali della mia stanza, perché fondamentalmente hanno un loro preciso posto in ciò che sono e ciò che faccio. Spero tanto che l’autografo di Stefano Fresi faccia lo stesso nella vita di quel bambino.
E nel mentre rifletto un po’ intontito su tutto ciò, i miei
pensieri sfumano nella colonna sonora del festival, il valzer jazz suite n. 2
di Shostakovich e su questo valzer ci torneremo perché ho qualcosa da dirvi in
merito. Nell’attesa, regalatevi un bel momento e ascoltatelo.
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