Una
mia cara amica, che ha molto da insegnare a molti, all’alba dei suoi
quattordici anni ha fatto quello che il 90% dei cristiani non fa: ha
letto la Bibbia.
Ci
si è accostata così, senza pregiudizi, con quel sottile velo di
scetticismo di chi non sa bene cosa sta per leggere, né quasi riesce a
intravedere come collocare un’opera del genere sul normale scaffale di
libri che abbiamo a disposizione. Ma tutto questo non l’ha
demoralizzata, anzi. E’ partita da quel Verbo che era al principio di
tutte le cose sino ad arrivare alle visioni finali di Giovanni (mi viene
in mente, a tal proposito, Wilde: “la Bibbia inizia con un uomo e una
donna nudi e finisce con l’Apocalisse”) e in questo suo percorso si è
trovata a criticare, riflettere e infine a sorprendersi. Sorprendersi di
quanto in realtà quello che ci si aspetta di trovare scritto nella
Bibbia non è quasi mai ciò che superficialmente si crede.
La
Bibbia è una lettura molto affascinante, che specialmente quando si
smarca dalla sua funzione di testo in cui cercare una risposta per
evitare di pensare con il proprio cervello, si rivela essere una libro
pieno di punti fermi, di rivelazioni laiche che vanno prese con il
dovuto rispetto, la dovuta serietà e soprattutto il dovuto scetticismo.
Non è un libro di verità universali, soprattutto per chi guarda con
severità all’accettare le cose semplicisticamente “per fede”, tuttavia
rimane pur sempre un testo profondo – forse uno dei più profondi che
l’umanità abbia mai avuto – dal punto di vista teologico e filosofico, e
soprattutto è una grande testimonianza storica che ha attraversato
secoli su secoli. Fa dunque parte di un passato che appartiene a tutto
il mondo e sul passato non conviene mai sputarci sopra.
L’invito
alla scoperta della Bibbia è ambivalente: è rivolto ai credenti,
soprattutto a quelli convinti di far parte della religione “buona” e che
associano con ignoranza l’islamismo al terrorismo, ignorando che nel
paragrafo 7 del Deuteronomio si può leggere, ai versi 1 e 2: “… gli
Hittiti, i Gergesei, gli Amorrei, i Perizziti, gli Evei, i Cananei e i
Gebusei, sette nazioni più grandi e più potenti di te, quando il Signore
tuo Dio le avrà messe in tuo potere e tu le avrai sconfitte, tu le
voterai allo sterminio; non farai con esse alleanza né farai loro
grazia”, così come al verso 16 si legge “Sterminerai dunque tutti i
popoli che il Signore Dio tuo sta per consegnare a te; il tuo occhio non
li compianga; non servire i loro dèi, perché ciò è una trappola per
te”. Questo invito al riconoscimento forzato di un solo unico dio che
domini le popolazioni del mondo altro non è che la jihad
islamica, la quale piuttosto che una “guerra sacra” (come viene
solitamente connotata) è in effetti uno “sforzo” o “impegno” secondo il
quale si impone la conversione dei popoli all’Islam. Ma parimenti lo
studio della Bibbia è consigliato agli atei, perché in essa vi si
possono trovare pagine di intensa bellezza, raffinato lirismo e
illuminanti ragionamenti. Se desiderate approfondire la cosa, vi invito
alla lettura delle considerazioni su questo e altri passi del libro che
l’amica di cui sopra ha segnalato nel suo blog che trovate all’indirizzo
ilsalottodellechiacchiere.blogspot.it.
Cosa
sia la Bibbia lo dice il suo nome stesso (dal greco “biblìa”, “libri”):
sono libri, opere intellettuali e materiali dell’uomo, che vanno
trattati con lo stesso timido rispetto che meritano tutti i libri del
mondo (sono esentati quelli di Federico Moccia). I libri sono fonti di
sapere e conoscenza, ma non solo: sono quello che i nostri antenati
avevano bisogno di dirci. Leggiamo dunque la Bibbia senza limitazioni
mentali e con il giusto spirito critico, imparando a non trattarla come
un libro indiscutibile e inarrivabile. Del resto, sempre Wilde diceva
che non esistono libri morali o immorali, ma solo libri scritti bene o
scritti male.
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