Dai libri al cinema (consigliata la visione de “Il giovane
favoloso”, in sala proprio in questi giorni), dai banchi di scuola alle
panchine dei parchi. Due nomi che ci accompagnano inevitabilmente nella nostra
adolescenza, due amici che potrebbero farci compagnia nella nostra vecchiaia
rendendola in qualche modo migliore. Virgilio e Leopardi sono due poeti che
conosciamo, soprattutto per via di quei nomi che qui in Italia ci ritroviamo
sempre davanti: qui a Napoli hanno un ruolo particolare perché è come se
smettessero di essere poeti, come se tutta il loro essere accademici d’improvviso
svanisse facendoli diventare parte della città. Sono entrambi legati storicamente
alla città partenopea; ci hanno vissuto, l’hanno attraversata, hanno imparato
qualcosa da questi luoghi e hanno lasciato a loro volta qualcosa: ciò che hanno
preso lo hanno restituito moltiplicato per mille. Oggi i due poeti sono più o
meno nascosti in qualche anfratto, dietro qualche vicolo, in scorci non propriamente
da cartolina, e però i luoghi ai quali oggi sono legati restano estremamente
affascinanti, forse i più affascinanti della città sotto un certo aspetto e
stranamente sono stati posti un po’ nei bordi. Perché infatti i luoghi che
rimandano a Virgilio come Castel dell’Ovo – o perché no, i Campi Flegrei – e in
particolar modo i due parchi che portano il suo nome, sono degli angoli
nascosti e sistemati lungo dei confini. Uno, quello più piccolo e contenente le
tombe (o forse solo i cenotafi) dei due poeti, si trova ai limiti del centro,
là dove iniziano i quartieri nuovi, ricchi e concettualmente diversi dalla
città antica; l’altro è addirittura letteralmente ai bordi di Napoli e affaccia
sui paesi limitrofi, Bagnoli e Pozzuoli.
Sono due poeti che in questa città sono stati reinventati.
In un certo senso sono stati tolti dalla noia e dalla polvere ai quali –
involontariamente – la scuola li ha tristemente relegati, riservando loro un
ruolo alquanto grigio. E che invece qui, in questi due parchi, si perdono nel
colore.