Samuel Taylor Coleridge - THE RIME OF ANCIENT MARINER

giovedì 24 gennaio 2013

Non va Bene per niente






Leggo oggi dai vari giornali la notizia del momentaneo cambio di nome del movimento CasaPound in CasaBene, il tutto per via di un processo per diffamazione intentato dalla figlia del poeta Ezra Pound verso coloro che lei non ritiene siano degni di utilizzare il nome del padre. L'associazione ha dunque deciso di cambiare intestazione per un giorno omaggiando Carmelo Bene in virtù dello spirito provocatore e scandalistico che ha accompagnato la carriera dell’attore/regista/poeta (e quant’altro) salentino. Per farlo, si sono rivoltati alla sorella dello stesso chiedendone il permesso la quale ha risposto – aderendo all’iniziativa – via telegramma con queste precise parole: “Carmelo viveva sempre la sua vita come una ricerca e una provocazione. Ma a differenza di Pasolini, non mescolava arte e politica, e non ha mai ceduto alla politica. Da vivo e da morto, politicamente, Carmelo è stato tirato per la giacca da ogni lato. Così ho aderito a questa iniziativa. Con lo spirito provocatorio con cui lui ha vissuto”.

Preciso subito che, nell’occasione, a CasaPound non imputo niente se non l’indelicatezza di tirare sempre in ballo (politico) persone che oltre a non essersi mai chiaramente schierate non possono neanche più eventualmente risponderne in prima persona. Il che non è mai bello, perché etichettare cadaveri con opinioni postume (soprattutto un cadavere come quello di Carmelo Bene che già aveva in antipatia il quotidiano e il sociale da vivo, figuriamoci da morto) equivale al revisionismo storico più becero e propagandistico.

Più che altro sono esterrefatto, perplesso e propenso a vedere cretineria pura nella risposta della sorella di Bene, Maria Luisa, perché se è pur vero che Carmelo sia “politicamente stato tirato per la giacca da ogni lato” è ugualmente vero che ha sempre preso le distanze da una qualsiasi classificazione ideologica, dato che in più di un’occasione ha stimato e disprezzato tanto la destra quanto la sinistra. Del resto, l’attivismo politico non rientrava nel suo modo di interpretare il suo (non) essere. Credo che il critico e/o studioso che stia ancora cercando di capire da quale parte fosse schiarito non abbia assolutamente capito niente di Bene.

Ma il vero colpo di genio sta nella chiosa del telegramma, vale a dire “così ho aderito a questa iniziativa. Con lo spirito provocatorio con cui lui ha vissuto”, che non fa altro che ribaltare improvvisamente tutto quello che si è detto prima. Detto in una maniera meno intellettualoide e contorta, il telegramma praticamente dice “Bè vedete, ragazzi, a Carmelo non interessava la politica. Per questo motivo, ho deciso di permettere che voi appiccichiate il suo nome su un movimento politico”, che a ben pensarci rimane sempre un pensiero contorto, ma per lo meno non fa giri di parole.

Non so se il legame di sangue dia anche il permesso di gestire il pensiero di chi non può più rispondere in prima persona ma c’è un qualcosa in me che mi fa supporre che a quel Bene Carmelo che non si sentiva appartenente a niente – né a se stesso, né alla famiglia – la cosa non sarebbe andata giù, e ci tengo a precisare che parlo del fatto di venire schierato politicamente da morto, non che lui non si fosse potuto benissimo schierare con CasaPound.

Io purtroppo di Bene non ne so molto, ho solo letto tutte le sue opere letterarie e visto tutti i suoi spettacoli, film e interventi televisivi reperibili in video oggi. Un caffè con lui non l’ho mai bevuto, né tantomeno l’ho potuto chiamare “fratello”, però due cose di lui mi sovvengono: la prima risale al suo intervento nel Maurizio Costanzo show del 1994 quando lui in persona urlava in faccia a Luigi Lunari “basta con le provocazioni!”, ormai stanco di questa etichetta affibbiatagli da chi non l’ha mai veramente capito riuscendo a vedere in lui solo la rockstar trasgressiva e superficiale. La seconda, di un anno dopo, è questa:


domenica 13 gennaio 2013

Il "Ka" è una ruota




Caratteristica principale della Fortuna (sia essa intesa come Fato o come portatrice di benessere) è quella di mutare, immersa in un ciclico girare e non a caso il suo simbolo è la ruota. Prendete la decima carta dei tarocchi e la ritroverete là, immobilizzata nel continuo ruotare, la cui struttura è ispirata alla visione descritta nel libro di Ezechiele, circondata da animali mostruosi che sono in genere una sfinge, una scimmia e un cane (anche se a volte quest’ultimo viene sostituito da un diavolo). La ruota è variabilità, è caos programmato, ma è anche motore generatore, principio meccanico che dà origine al movimento delle cose e della vita; per questo motivo nelle raffigurazioni più antiche dei tarocchi la ruota presenta una manovella che denuncia questa natura. Collegato a questo concetto c’è un termine antico, carico di storia e cultura che ritorna più volte in civiltà diverse. Questo termine è il “Ka”, forse le due lettere più cariche di fascino di tutto l’alfabeto. Le ritroviamo nella cultura dell’antico Egitto (indicante, molto semplicisticamente, l’anima di una persona) e rispuntano in quella indiana (che identificano, tra le altre cose, un principio cosmogonico della religione). Chi volesse leggere qualcosa in merito, non ha che da recuperare “Ka” di Roberto Calasso (Adelphi, 1996, 26 euro). Ma non finisce qui; le due lettere infatti sono presenti anche nel campo scientifico e rappresentano la costante di dissociazione acida. E’ quasi un affascinante mistero quanto queste due semplici lettere possano tramutarsi e racchiudere in se stesse tanti significati e tanto simbolismo, ritornando più e più volte come, appunto, il giro di una ruota.

Ma su quest’ultimo concetto è doveroso nominare una delle più belle saghe delle letteratura contemporanea, e cioè quella della “Torre nera” di Stephen King, dove appunto il concetto del “Ka” è interpretato come il destino di ognuno dei personaggi della storia (e di tutti noi). Tutti i sette romanzi che costituiscono la saga (otto, se consideriamo lo spin off  edito quest’anno con il titolo italiano de “la leggenda del vento”) sono incentrati attorno a questa idea secondo la quale il Ka in qualche modo tende a legare le vite di tutti noi, non a caso la frase chiave che viene ripetuta più volte nel corso dell’opera è “il Ka è una ruota”.

C’è davvero da riflettere molto su questo dettaglio, soprattutto per la semplicità con cui l’autore ha ridotto ai minimi termini il grande discorso che i Greci e i Romani facevano a proposito del ruolo della Fortuna/Tyche (a tal proposito, si legga l’articolo a pag. 13) intesa come l’ineluttabilità del destino che però ritorna continuamente in forme più o meno simili. E del resto Lucrezio stesso, scrittore latino del I sec. a.C., riprendendo le parole del filosofo Epicuro (IV-III sec. a.C.) sentenziava “eadem semper sunt omnia”, vale a dire “tutte le cose sono sempre le stesse”, anticipando così la teoria della ciclicità storica che in seguito sarà postulata da Marx (1818-1883), il cui nome, Karl, per una meravigliosa coincidenza contiene il succitato Ka.



giovedì 3 gennaio 2013

L'insostenibile pesantezza delle tette


Nicole Minetti al mare


Nel mentre ci accingiamo a veder comparire antiche facce brutte, inceronate e stirate che solo l'innaturalezza di chi non dovrebbe più presentarsi al pubblico può avere, ecco che le pagine di gossip si affollano nuovamente dei volti dei politici nostrani. Perché si sa, il malcostume della politica italiana è affare da penisoletta fatta di pizza, mandolini e doppipetti sporchi di sugo e talvolta di cocaina, affettando cordialità e presunzione da Vespa e incellophanando verità per casalinghe dalla D'Urso.
D’improvviso rispuntano amenità varie tra un Grillo che fa i tuffi sul pubblico manco fosse Kurt Cobain e un Napolitano che sorseggia caffè al Gambrinus di Napoli rispondendo soavemente in dialetto a una signora che lo esorta a fare del bene per i “guaglioni” di oggi (lei, poi, lo va a dire a un tizio che tecnicamente la rappresenta ma che non se la sente di far sapere al popolo che ha alle sue spalle cosa dice nelle telefonate: praticamente è come parlare con Cutolo). E scartabellando nel torbido patinato, affiora – galleggiando metaforicamente – una Nicole Minetti che prende il sole e Miami e diventa oggetto di chiacchiera de “la Repubblica delle donne” che quando si interessa ad argomenti del genere si avvale della facoltà di aggiungere un “buone” tra la penultima e ultima parola. L’articolo, la cui gradevolezza e utilità è pari a quella della carta vetrata a posto degli asciugamani da bidet, è incentrato sul seno dell’ex consigliere che, guarda un po’, sembra strabordare dal suo generoso bikini e i suoi continui tentativi di tenerlo al suo posto. Ma il lettore viene prontamente ammonito: “Resta comunque un esempio da non seguire almeno per chi pratica il bon ton al mare”.
Purtroppo siamo italiani, e queste notizie ci toccano. Però cerchiamo di leggerle come andrebbero lette, vale a dire –  in questo caso – con un finale “resta comunque un esempio da non seguire”. Punto.