Europa, salvaci tu, perché noi italiani siamo incapaci di badare a noi stessi.
Samuel Taylor Coleridge - THE RIME OF ANCIENT MARINER
sabato 29 giugno 2013
giovedì 27 giugno 2013
"L'uomo d'acciaio" (Man of steel) - recensione del film
E’ sicuramente
uno dei titoli più attesi del 2013. “Man of steel” lo aspettavano in molti,
principalmente gli amanti dei film sui supereroi, ma anche gli amanti del
cinema in generale perché la pellicola ha implicitamente in sé un po’ di buoni
motivi per essere vista: c’è il ritorno sul grande schermo del più famoso tra i
supereroi, ma allo stesso tempo anche quello che più difficilmente può essere
reso in maniera fedele e adatta al gusto del grande pubblico (si pensi, ad
esempio, al piccolo grande problema della resa cinematografica del suo costume,
che per quanto possa avere una bella immagine grafica nei fumetti, nel cinema
lo trasforma molto nel tipico “supereroe in calzamaglia” che fa tanto anni ’80,
togliendo appeal al personaggio, e infatti non a caso in quest’ultima
trasposizione ne indossa uno in versione 2.0); c’è poi la duplice presenza di
Zack Snyder alla regia (reduce dal successo di “300” ma anche dai flop di “Watchmen”
e “Suckerpunch”) e di Christopher Nolan (regista che ha regalato pellicole straordinarie
quali “The prestige”, “Inception” e la trilogia del “Cavaliere oscuro”) nel
doppio ruolo di co-sceneggiatore e produttore. E c’è infine la voglia di
rilancio da parte della DC (la casa produttrice dei fumetti di “Batman” e
“Superman”) nei confronti della Marvel che dopo il successo degli “Avengers”,
il reboot di “Spiderman” e gli incassi del terzo “Iron Man” sembra
inarrestabile. L’impresa, insomma, era difficile ma promettente e soprattutto
aveva gli occhi dei media e della critica puntati addosso già da diverso tempo.
La segretezza e la divulgazione centellinata di informazioni e foto di scena
durante i mesi di lavorazione hanno poi fatto il resto: l’attenzione è stata
catturata e adesso “Man of steel” è sul grande schermo.
Personalmente,
non ho mai creduto nelle recensioni, perché una recensione è inevitabilmente
un’opinione personale e come tale può essere inficiata da una serie di
variabili che vanno dalla simpatia o meno che si può provare verso il regista o
un attore, fino addirittura a se nella sala in cui hanno proiettato il film
c’era un pessimo audio o il tizio seduto affianco non ha fatto altro che
parlare. Per cui, preferisco liquidare subito il sunto che la maggior parte dei
potenziali spettatori vuole sapere, e se cioè il film è bello o meno; io
preferisco dire che “mi è piaciuto” e se proprio ci tenete a saperlo, ve ne
consiglio la visione.
Ma vediamo di
analizzare un po’ nel dettaglio la pellicola. Il punto è questo: il film
risente molto della doppia presenza Snyder-Nolan, per cui di conseguenza
abbiamo una storia quasi perfettamente divisa tra introspezione psicologica,
dimensione umana e fallace (zampino di Nolan, basti pensare all’amletico e
problematico Batman de “il Cavaliere oscuro”) e scene di azione quasi estreme,
dove ogni pugno sembra essere l’inizio di un apocalisse (virtuosismi tecnici
targati Snyder, che la lezione degli scontri spettacolari di “300” l’ha
imparata e non perde occasione per riproporla). La dualità di questa condizione
ha fatto storcere il naso a più critici, forse anche (parzialmente) a ragione,
ma bisogna pur tenere presente che ogni storia necessita del suo plot narrante
prima di giungere alle scene madri e soprattutto – cosa che non tutti colgono –
i fumetti in questione dai quali vengono tratte idee e vicende sono strutturati
esattamente in questa maniera. Provarlo è semplicissimo, basta sfogliarne uno
per rendersi conto di quanto siano frequenti le tipiche vignette cariche di
“balloon” fitti di parole e verbosi fin nelle ossa. L’unico dettaglio che a me
è sembrato piuttosto ridondante è una buffa (voluta o involontaria) piega del
personaggio che, nella ricerca del perché della sua sopravvivenza e del
significato della sua nuova vita sulla
Terra, tende a identificarsi in una maniera piuttosto bizzarra a un messia, se
non addirittura a un novello Cristo, che in una scena a dir poco comica
campeggia alla sue spalle sulle vetrate di una chiesa (nella quale il superuomo
va a cercare conforto), dipinto con indosso un vistoso mantello rubicondo. Ogni
riferimento a fatti o supereroi è del tutto casuale.
A parte questo
dettaglio, la linea riflessiva del film scorre in una maniera abbastanza
omogenea senza particolari momenti morti e soprattutto senza vuoti nazionalismi
né retorica d’altri tempi. C’è una certa dose di morale sfarinata qua e là ma,
accidenti, è pur sempre Superman, in fondo, non “il grande Lebowski”.
Un’altra considerazione va fatta
sulle roboanti scene di combattimenti, vale a dire quelle scene in cui Snyder
si sarà sentito più a suo agio. Il regista ha senza dubbio la tendenza alla
spettacolarità e fa volentieri largo uso di riprese in slow motion alternate a
brusche accelerazioni, tecnica che consente di dare un’idea concitata
dell’azione, nonché della potenza dei colpi sferrati. Io personalmente sono uno
di quelli che considera il leggero abuso che Snyder tende a fare di questa
tecnica un modo alquanto cafone di dirigere un film, ma in questo caso
specifico bisogna accettare che nel momento in cui si postula l’esistenza di un
uomo superforte e superveloce le leggi della fisica prendono un po’ la strada
che vogliono, separandosi da quelle strettamente realistiche. Superman è un
concentrato di potenza. Seguendo i dettami della DC, dopo Batman è lui il
supereroe più possente del mondo (questo perché nei fumetti Superman stesso
consegna a Batman un frammento di kryptonite che l’uomo pipistrello ha l’obbligo
di portare sempre con sé nella cintura casomai un giorno l’uomo d’acciaio
dovesse impazzire e perdere il controllo), ergo il suo modo di combattere -
soprattutto quando affronta nemici suoi pari -
non può non avere effetti devastanti. Per chiarirci un po’ le idee,
diamo un’occhiata in computer graphic a come è effettivamente un suo
combattimento: https://www.youtube.com/watch?v=H7Nf-m6WGl4
(per evitare perdite di tempo, andate direttamente a 3:20 e guardate la scena).
Come potete vedere i suoi movimenti sono rapidissimi e potenti: con questi
presupposti non è difficile immaginare quali sono le conseguenze.
Il lavoro di
Snyder è stato sostanzialmente quello di provare a rendere in carne e ossa ciò
che con la grafica computerizzata accettiamo più facilmente, e in questo non si
può dire che abbia fallito.
Un’ultima osservazione riguarda
infine quello che è a mio avviso il punto più debole del film, vale a dire la
resa attorica del personaggio. Senza nulla togliere a Henry Cavill,
l’interprete di Superman, l’uomo d’acciaio tende a essere tale anche nelle
espressioni che risultano un po’ legnose, soprattutto perché il personaggio non
è facile da rendere, dato che è sempre in bilico tra una bonaria freddezza e
una formale disponibilità. Purtroppo nel voler rendere il distacco,
l’isolamento dal resto del mondo per via della sua natura, una certa difficoltà
nel prendere una decisione e accettare il suo ruolo, ma anche un’aurea di
benevola superiorità e sicurezza di sé, il kryptoniano ha finito per smarrire
parte della sua personalità e carisma, intrappolato da una recitazione che
tende a essere pulita ma allo stesso tempo fredda. Niente da biasimare, il
compito non era facile e delineare la psicologia di un personaggio del genere
può facilmente sfociare nel ridicolo cosa che fortunatamente nel film non
succede.
Interessante e
del tutto funzionante invece il resto del cast; particolarmente accattivante un
bravo Kevin Costner calato a perfezione nei panni di Jonathan Kent, padre
terreste di Superman, nonché rappresentante di quell’America (pittoresca)
rustica, semplice e dai principi morali saldi e puliti.
Nel complesso,
il film sembra essere un esordio di tutto rispetto, e sicuramente se verranno
ben limate una serie di piccole sbavature ne potrebbe uscire una interessante
trilogia (ormai cinematograficamente parlando si ragiona in questi termini)
magari non eccelsa ma di sicuro non banale.
P.S. Casomai qualcuno, vedendo il
video che ho inserito nell’articolo, avesse dubbi o domande su cosa abbia
appena visto e voglia semplicemente capirci qualcosa, non ha che da chiedere.
Etichette:
cinema,
danilo d'acunto,
film,
l'uomo d'acciaio,
man,
Nolan,
of,
recensione,
Snyder,
steel,
superman
mercoledì 26 giugno 2013
La mi porti un bacione agli Uffizi
Bè, a quanto pare tra la "casa degli amorini dorati" di Pompei e queste sale degli Uffizi, non è che ci sia molto da lamentarsi.
O meglio c'è, perché seppure notizie del genere ci rendono felici, dobbiamo ricordare che stiamo pur sempre in Italia, una nazione che per quanto riguarda la manutenzione dei beni culturali cade a pezzi e si deve quindi stare attenti a non farsi sventolare episodi del genere sotto gli occhi come se fossero prosciutto da mettere sugli occhi.
Possiamo solo augurarci, porgendo doverosi complimenti a quanti hanno lavorato per l'apertura di queste sale, che una tale situazione sia da stimolo per un continuo, incessante miglioramento. Del quale abbiamo disperatamente bisogno.
Ad maiora.
martedì 25 giugno 2013
Maledetta amata Pompei
A quanto pare, a Pompei riapre la "casa degli amorini dorati" dopo un lungo periodo di restauro. Di questo me ne compiaccio e faccio i miei complimenti innanzitutto ai restauratori e poi alla soprintendenza che ha avuto la premura di tutelare e far rinascere questa domus.
Io però a Pompei ci sono stato il 15 di questo mese e posso testimoniare che diverse case, non molto tempo fa aperte, erano chiuse al pubblico. Non so se solo per quella giornata o siano "in restauro" anche quelle.
Mi limito a riportare un fatto.
domenica 23 giugno 2013
Facciamoci del male 7 / "sono Massimo Decimo Meridio..." "spiacenti, oggi siamo chiusi"
Per adesso arrivano le bottigliette d'acqua distribuite dalla protezione civile.
Magari un domani arrivano pure gli stipendi, chissà.
sabato 15 giugno 2013
Un mare di inchiostro
Il grande
viaggio della letteratura occidentale nacque quasi 3000 anni fa quando fu
narrata la prima avventura sul mare che la storia abbia mai conosciuto, quella
di Odisseo che dopo la guerra di Troia tentava di ritornare alla sua casa in
Itaca, e prima di riuscire a dormire nel proprio letto dovette affrontare
uomini, donne, mostri e dei.
E’ emblematico
notare come la letteratura del nostro emisfero sin da subito sappia di acqua
salata, di nobile legno ben lavorato che solca creste d’onde di un mare che a
volte è amico fraterno, simbolo di nuovi orizzonti da scoprire, a volte è un avversario
torbido, severo come un possente dio antico e barbuto. Non è un caso che i Greci avevano un nome per identificare il
primo (“okèanos”, il mare da attraversare ) e un altro per indicare il secondo
(“pòntos”, il mare oscuro e ricco di pericoli).
Dal momento
della sua nascita in poi, l’arte di raccontare non ha fatto che trasmigrare da
una sponda all’altra di quel grande specchio d’acqua che è il mare Mediterraneo
e così dalla Grecia il testimone letterario fu passato a Roma; e quando infine
anche l’impero di quest’ultima si sfaldò, ecco che il bisogno di narrare trovò
ospitalità, un po’ alla volta, nelle varie zone d’Europa.
Il mare dunque
è stato non solo traghettatore di merci e uomini che partivano alla scoperta di
nuove terre, ma anche di idee, di pensieri, di arte; tante pagine di
letteratura non sono solo bagnate di inchiostro ma anche intrise di salsedine e
accarezzate dalla brezza marina. Vediamo qualche titolo insieme.
Sicuramente uno dei grandi
capolavori di questa tematica è “il vecchio e il mare” di Ernest Hemingway, che
più che un racconto sembra quasi essere un saggio sul destino dell’uomo perso
nell’infinita (e solitaria) vastità della sua esistenza, una sfida primordiale
tra l’uomo e se stesso, piuttosto che tra l’uomo e la natura. Doveroso poi
menzionare altri grandi classici come “Moby Dick” di Herman Melville, un libro
dai contenuti quasi biblici per l’elevata caratura morale che lo
contraddistingue e dicasi lo stesso per un’altra opera del medesimo autore come
“Billy Budd il marinaio”. Ma accanto a Melville va poi citato Joseph Conrad che
naviga sulle rotte delle parole contenute in alcuni capolavori quali “Lord
Jim”, “Tifone” e “La linea d’ombra”.
Ma fin qui
abbiamo citato i passi obbligati di chi vuole scoprire la letteratura di mare. Per
andare un po’ più oltre conviene addentrarsi nelle acque alte del grande
Patrick O’ Brian, l’autore della saga del capitano Jack Aubrey, che conta ben
21 libri (anche se l’ultimo è incompleto) di cui uno nel 2003 ha avuto una
fortunata trasposizione cinematografica con il film “Master and commander” con
Russel Crowe nei panni del protagonista. Questa saga è forse la più
affascinante che un appassionato di mare possa mai leggere, arricchita da una
attenta ricostruzione storica e un’ottima conoscenza della materia: il lettore
che si immerge nelle sue pagine si ritroverà a vivere in pieno l’atmosfera
della marina inglese del XIX secolo.
O’ Brian deve
a sua volta molto al grande capostipite delle avventure della marina inglese,
il capitano Horatio Hornblower, protagonista della saga scritta da Cecil Scott
Forester e che consta di 11 libri. Di tale saga esiste una miniserie televisiva
britannica di 8 puntate.
In ultimo, e
scusandoci con scrittori come Stevenson non citati per motivi di spazio, va
menzionato il contemporaneo Björn Larsson, grande appassionato di barca a vela (dove
tra l’altro ha scritto molti dei suoi romanzi) che si è fatto conoscere al
grande pubblico con opere quali “il cerchio celtico”, “la vera storia del
pirata Long John Silver” e “la saggezza del mare”. Il suo stile è molto
interessante e forse leggermente più coinvolgente per il lettore di oggi che
potrebbe avere un po’ di difficoltà a prendere confidenza con i termini
marinareschi dell’800. Larsson – nonostante inserisca molti elementi storici –
tende a strizzare l’occhio alla modernità, ma in effetti il soggetto dei suoi
libri resta il mare puro, quella sconfinata distesa di acqua che si stende da
occidente a oriente e che nella sua immobilità sembra non avere uno spazio o un
tempo nel quale essere collocato.
sabato 1 giugno 2013
Quando l'orrore non ha parole
Moli e Sulochana, datevi fuoco voi ora.
Dico sul serio.
Iscriviti a:
Post (Atom)