Vivere il
Giffoni Film Festival non è facile. Anzi è facile. Anzi, è un po’ l’uno e un
po’ l’altro. Come quando un bambino prova a misurarsi con il mondo degli
adulti. E’ tutto così grande e a tratti così sfuggente, però inevitabilmente
quel tutto viene ridotto ai minimi termini, fatto a pezzettini dall’enorme
schiacciasassi che è la fantasia dei piccoli.
Il Festival è
una strada ai cui estremi c’è rispettivamente un adulto e un ragazzo. Il senso
del festival è invece portare quell’adulto e quel ragazzo al centro della
strada, con l’uno che viene incontro all’altro.
L’idea che si percepisce stando
lì e proprio quella. Di incontro. Di discussione. Di confronto tra generazioni.
Io credo che
un giornalista mandato lì per raccontare il festival prima o poi si scontrerà
con quell’inevitabile pensiero che ti porta a notare il fermento, il brulicare
di un microcosmo che si agita e ride nella Cittadella del cinema, ma che
ritrova anche angoli più tranquilli e ugualmente stimolanti quali la Sala
Lumière, il Convento di San Francesco o ancora le Antiche ramiere, posto
assolutamente delizioso oggi ancora in parziale allestimento ma da domani già
meta e cuore pulsante di interessanti incontri e mostre.
Ci sono dunque
altri festival all’interno del festival, altri scenari, altre sfumature, altre
visioni.
E’ questo il
caleidoscopico mondo dei ragazzi, che smerigliano la realtà frazionandola in
tanti aspetti diversi.
Certo, molto
meno poeticamente possiamo dire che non è altro che una buona macchina
organizzativa che, intendendo bene il suo lavoro, ha ben pensato di distribuire
eventi ed energie in maniera sparsa per il paese, pensando alle esigenze di
tutti – grandi, piccoli, fan, semplici interessati, fedelissimi del cinema,
amanti della televisione, frequentatori di mostre e amanti dell’enogastronomia
– in modo da far sedere sulle sue poltrone quante più persone possibile.
Potremmo dirlo, e forse diremmo una verità più reale di altre.
Ma oggi –
almeno per un giorno – preferisco che a vincere, una volta tanto, sia la
fantasia, l’allegria anarchica dei bambini, il sogno e il fanciullo bisogno di
illudersi.
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