Samuel Taylor Coleridge - THE RIME OF ANCIENT MARINER

venerdì 19 luglio 2013

Giffoni Film Festival, i giochi sono aperti





Vivere il Giffoni Film Festival non è facile. Anzi è facile. Anzi, è un po’ l’uno e un po’ l’altro. Come quando un bambino prova a misurarsi con il mondo degli adulti. E’ tutto così grande e a tratti così sfuggente, però inevitabilmente quel tutto viene ridotto ai minimi termini, fatto a pezzettini dall’enorme schiacciasassi che è la fantasia dei piccoli.

Il Festival è una strada ai cui estremi c’è rispettivamente un adulto e un ragazzo. Il senso del festival è invece portare quell’adulto e quel ragazzo al centro della strada, con l’uno che viene incontro all’altro.

L’idea che si percepisce stando lì e proprio quella. Di incontro. Di discussione. Di confronto tra generazioni.



Io credo che un giornalista mandato lì per raccontare il festival prima o poi si scontrerà con quell’inevitabile pensiero che ti porta a notare il fermento, il brulicare di un microcosmo che si agita e ride nella Cittadella del cinema, ma che ritrova anche angoli più tranquilli e ugualmente stimolanti quali la Sala Lumière, il Convento di San Francesco o ancora le Antiche ramiere, posto assolutamente delizioso oggi ancora in parziale allestimento ma da domani già meta e cuore pulsante di interessanti incontri e mostre.

Ci sono dunque altri festival all’interno del festival, altri scenari, altre sfumature, altre visioni.



E’ questo il caleidoscopico mondo dei ragazzi, che smerigliano la realtà frazionandola in tanti aspetti diversi.

Certo, molto meno poeticamente possiamo dire che non è altro che una buona macchina organizzativa che, intendendo bene il suo lavoro, ha ben pensato di distribuire eventi ed energie in maniera sparsa per il paese, pensando alle esigenze di tutti – grandi, piccoli, fan, semplici interessati, fedelissimi del cinema, amanti della televisione, frequentatori di mostre e amanti dell’enogastronomia – in modo da far sedere sulle sue poltrone quante più persone possibile. Potremmo dirlo, e forse diremmo una verità più reale di altre.

Ma oggi – almeno per un giorno – preferisco che a vincere, una volta tanto, sia la fantasia, l’allegria anarchica dei bambini, il sogno e il fanciullo bisogno di illudersi. 

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