Samuel Taylor Coleridge - THE RIME OF ANCIENT MARINER

martedì 11 marzo 2014

"300 - rise of an empire" di Noam Murro - recensione del film





Premesso che niente potrà eguagliare in bellezza "Trecind", la versione di "300" in dialetto altamurano, oppure "299 + 1" di Leo Ortolani, chi bazzica news e rumors sulle uscite cinematografiche aveva intuito che “300 – rise of an empire” era un’arma a doppio taglio che presentava, oltre a notevoli difficoltà, anche il rischio di far scadere tutto in barzelletta. Soprattutto perché porta la firma di Zack Snyder (alla sceneggiatura) e i critici più attenti hanno imparato che laddove c’è Zack c’è spesso puzza di fregatura. E’ lo stesso identico terrore che mi assale quando penso che a lui è stata commissionata la regia del film del secolo, quello dell’incontro Batman-Superman.
Il punto è che Snyder ha un notevole difetto: fatto successo con un lavoro, tutti gli altri tendono a essere la brutta copia dello stesso (io la chiamo la “sindrome Seth MacFarlane”). Ragion per cui, ecco che guardando “300 – rise of an empire” sembra di trovarsi davanti a un film che ha una serie di sequenze incollate tra di loro, senza che seguano necessariamente un filo logico. Per cui, se volete vedere massacri e sangue generosamente elargito, eccovi accontentati (nota personale per il curatore dei visual effects: il sangue non è melassa, per cui magari se agli schizzi date maggiore fluidità, la biologia ve ne sarà grata. Se vi servono informazioni in merito potete contattare la Showtime e farvi prestare qualche puntata di “Dexter”); se volete vedere spettacolari duelli, tracotanti di una virile e mastodontica fierezza, eccovi accontentati; se volete vedere qualche simpatico giochino grafico generosamente regalatoci dal 3D, eccovi accontentati. Però non azzardatevi a chiedere altro.
Se lo spettatore più pedante (vedi me) cerca un angolino in cui rivivere quel gradevole (anche se pacchiano) pathos ed epos versione blockbuster che aveva scorto in “300”, rischia di rimanere deluso. Non troverete il carisma o l’intensità di certe scene viste nel film precedente, i personaggi di questo film sono marionette senza personalità, assolutamente monodimensionali.
Perché? Ma è ovvio, perché il primo film aveva una sceneggiatura che era pari pari quella signora graphic novel che porta la firma di Frank Miller. Il Frank Miller buono, quello che sapeva disegnare e sapeva sceneggiare prima che si bevesse il cervello (anche se con il recente “Holy terror” si è rifatto abbastanza).
Volete una prova di quanto la vecchia pellicola debba al fumetto? Bene, vi siete mai chiesti da dove venga la tecnica della ripresa rallentata nel momento decisivo di vibrare il colpo che tanto abbonda in “300”? Molto semplice, viene dal fatto che essendo il fumetto breve – ed essendo il film il ricalco uguale vignetta per vignetta dello stesso – la scena aveva bisogno di rallentare a volte, altrimenti sarebbe durata troppo poco per coprire tutto un lungometraggio. Praticamente serviva per allungare il brodo.
Ebbene, in questo caso brodo da allungare non ce n’è, perché non c’è quel grandioso fumetto che era alla base e dava il senso a tutti (si, a quanto pare il film è comunque tratto da un fumetto di Miller, “Xerxes”, che però – guarda caso – ancora non è stato pubblicato, chissà come mai). Ciò che dava senso a quella storia, tingendola di unicità, era il pesante e angoscioso ragionamento sulla guerra, sulla spietatezza. Più che raccontare una storia in sé, raccontava una mentalità (per quanto romanzata), quella spartana, che andava a scontrarsi con un’altra – persiana – del tutto differente: entrambe le culture si misuravano lungo la stretta striscia delle Termopili. Miller (quello che ancora ragionava), disegnando “300” andava a inchiostrare tutto un ragionamento, declinando in grandiosi chiaroscuri (gli stessi che caratterizzeranno “Sin city”) la violenza della sua riflessione.
In questo film invece non c’è niente di tutto ciò. Manca la storia, manca l’immaginario, manca l’equivoco del mito. E’ semplicemente un “numero 2, la vendetta”, in puro stile anni ’80. I personaggi sono un po’ il calco di quelli precedenti, il minestrone viene arricchito con qualche new entry (nella fattispecie l’ennesima ragazza cattiva e tosta, a metà tra la femme fatale e una mistress sadomaso) e poi gli ovvi e necessari rimandi al primo, tanto per rinverdire lo stufato con un tocco di ingredienti tradizionali.

Conclusioni: io sono un fan di “300” e questo non mi ha convinto per niente. Anzi, praticamente mi ha alzato lo sdegno contro Snyder e Miller. Il film non è del tutto un furto (ormai io li classifico così), su sei euro ne vale la metà ma non è che esci dalla sala del tutto soddisfatto. Io al cinema cerco storie e non solo riprese i cui colori hanno il contrasto alto.

 

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