Samuel Taylor Coleridge - THE RIME OF ANCIENT MARINER

domenica 18 maggio 2014

Recensioni letterarie - "Lolita" di Vladimir Nabokov




La vecchia Europa che travia la giovane America o la viziata America che corrompe l'austera Europa? Assolutamente nessuna di tutte e due. "Lolita" è storia di passione che non fa altro che continuare a guardare sempre e solo sé stessa, come se si stesse narcisisticamente rimirando allo specchio. Tutto è strutturato per ruotare attorno ad un unico punto e per esso si snodano trame e personaggi. Sin dall'incipit (che peraltro ritengo uno dei migliori di sempre) ci si adagia in un mondo particolare in cui ciò che è avvolgente diviene soffocante e ciò che è caldo diventa asfissiante. C'è chi ha tacciato il libro di smodata intensità, come di ricerca del morboso. Ma indubbiamente "Lolita" è una ricerca (che probabilmente parte da un omonimo racconto di Heinz von Lichberg pubblicato nel 1916), e appare quasi come un esercizio tecnico a metà tra uno studio letterario e il divertissement stilistico (pensiamo a Nabokov grande ammiratore di Carroll che, come lui, gioca in continuazione con il montare e smontare le parole). Ciò che davvero non c'è in questo testo è la psicologia (non dei personaggi, per carità, quella straborda, ma si intende la psicologia in senso stretto). Quella è stata spalmata a posteriori un pò dagli stantii intellettuali dell'ultimo Novecento e un pò dai freschi perbenisti dell'ultima ora. Uno degli ultimi grandi esemplari del tema eros e thanatos, "Lolita" è sicuramente pietra miliare non solo del genere, ma della letteratura in generale. E alla fine di tutto, rimane un'opera che sfiorisce alquanto se la si consuma tutta nel fuoco di un'analisi troppo serrata, ma che va letta accomodati sulla sua spinosa mollezza, distendendosi tra le pagine di baci impudichi, rubati nel buio di vite inquiete e differenti che si incontrano soltanto nella silente accettazione dell'illecito.

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