Samuel Taylor Coleridge - THE RIME OF ANCIENT MARINER

domenica 5 aprile 2015

Io c'ero



Io c’ero, io ho visto.
Me li ricordo bene quei tre uomini crocifissi, ho ancora nelle narici l’odore acre del sangue che ammorbava l’aria intorno a loro. Tutto era morte e sofferenza.
Ricordo distintamente le membra disarticolate che col passare del tempo sempre più si staccavano tra di loro: le scapole piano piano non ce la facevano più a reggere il peso del corpo, che infatti si accasciava in una posizione innaturale e grottesca, tra gemiti di dolore che scemavano e stentavano per via della lunga sofferenza.
Ricordo i nomi: voi conoscete solo quello di Gesù, e poi avete le idee confuse sugli altri due. Qualcuno li chiama Hesta e Disma, altri Dimaco, altri ancora parlano di Tito, altri di Rakh; e voi che siete ancora vittime della punizione che Dio diede a Babele, non avete ancora capito che la parola è un inganno e i loro veri nomi sono Male e Bene. E Cristo ci stava in mezzo perché il suo destino è quello di stare in mezzo, tra paradiso e inferno, con la testa rivolta al cielo e i piedi sopra un cranio dannato. Io l’ho visto quel cranio bagnato di sangue, era proprio sotto la sua croce. Lo avevano visto pure gli ebrei, che infatti avevano chiamato quel luogo Golgota, così come i romani che, traducendo il nome, lo chiamarono Calvario. Ma quello che né gli uni né gli altri sapevano era che quello era il cranio del primo uomo, quello per cui oggi noi canaglie abbiamo perso il giardino felice e ci tocca stare qui a masticare polvere e sudore. Meno male che il sacrificio dell’Agnello ci ha tolto ‘sto peccato originale: ci voleva il sangue del figlio di Dio per battezzarci e farci rinascere a nuova vita.
Sì, perché che era un battesimo l’ho capito benissimo. Mi è stato chiaro quando quel Longino (vallo a sapere se poi era veramente quello il suo nome) invece di colpire le gambe per vedere se fosse morto, è andato a infilargli la lancia giusto sotto le costole. Allora lì tutti hanno visto uscire sangue e acqua, ma quello che non sanno è che quella era acqua benedetta, perché uno che predica l’amore e la pace senza “se” e senza “ma” deve averci per forza l’acqua santa dentro di sé.
E a proposito di quando è morto, mamma mia che colpo che fu. Non si capì più niente: eclissi, tuoni, rimbombi. La mazzata si sentì perfino giù all’inferno, che mezzo mezzo se ne cadde per il colpo, e infatti quel fiorentino che riuscì a visitarlo da vivo ha visto quanto sia crollato e malconcio il regno di Lucifero, tanto che pare Pompei oggi.
Io c’ero, io ho visto.
Ma porca miseria, quanto mi fece stare male vedere quel povero Cristo in croce. Dopo una roba del genere me ne sono tornato a casa con lo stomaco tutto intorcinato.
Però poi so che alla fine quel Cristo l’ha fatta in barba a tutti. Agli ebrei, ai romani, a Satana e alla morte stessa. Zitto zitto, quatto quatto, pare se ne sia uscito dal sepolcro e tanti saluti a dolori e pianti.
Ero tra la folla quando gli andammo incontro e lo abbracciammo. Altro che “noli me tangere”, quello si faceva toccare eccome! Perché era vivo, era ancora con noi, era felice di vederci e noi eravamo felici di rivederlo, di parlargli, di ridere con lui. Ce lo prendemmo sotto braccio e ce ne andammo in un’osteria a bere e mangiare, perché se nella morte il vino è sangue, nella vita il vino resta vino e ci piace perché ci sta bene tra amici e persone allegre. Insomma, tra risate, qualche bicchiere e lacrime di gioia, stavamo veramente una pasqua, tant’è che sembrava di stare a Scicli, in Sicilia, lì dove “u Gioia” – così lo chiamano il Cristo da quelle parti – se lo portano sulle spalle e lo fanno letteralmente correre per la città, tra applausi, petali di rose, balli, urla, bagliori di fuochi, botti, e danza volteggiando come un tarantolato tra quelle palme di Trinacria che tanto sembrano quelle dei deserti israeliani.
Io c’ero, io ho visto. Eravamo tutti contenti perché tra noi era tornato un uomo che ci aveva detto che pure noi straccioni un giorno saremmo andati in paradiso, e che lì non c’erano ingiustizie, né prepotenze, né i calci in culo della vita. E pur di dimostrarcelo ha buttato letteralmente il sangue.
Come fai a non volerci bene a uno così?

 

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