Tea Falco, attrice e fotografa italiana, inaugura
ufficialmente la quarantacinquesima edizione del Giffoni Film Festival in
qualità di primo ospite della manifestazione. Dai modi molto delicati, risponde
alle domande in maniera serafica, serena, quasi sospesa; non a caso questo suo
modo di parlare è stato a volte oggetto di sarcasmo sui social e proprio su
questo sarcasmo usato come attacco contro di lei è incentrata la domanda –
forse la più interessante – posta da una ragazzina che è stata benevolmente
fatta entrare in via del tutto eccezionale nell’incontro stampa. “Come ci si
difende – chiede – da attacchi del genere, che sanno tanto di cyber bullismo?”.
Domanda per nulla stupida, la cui risposta interessa più le persone comuni – in
particolare le ragazzine come lei – che non una famosa; Tea le risponde nel
modo più sensato: con ironia.
Ecco. E’ appena successo ciò che sempre mi aspetto da eventi del genere. E cioè che una risposta intelligente a una domanda intelligente possa essere in qualche modo di ispirazione anche solo a uno dei tanti giovani che vivono il festival con sincero entusiasmo. Perché il festival è così: da un lato è una macchina commerciale che non fa altro che il suo lavoro coinvolgendo vip, imprese e sponsor (nonché un buon pizzico di politica) e che puntualmente – nel giusto o ingiusto – è costante oggetto delle critiche più disparate. Dall’altro lato ci sono i ragazzi, per i quali è stato creato tutto ciò. Ragazzi che non sono più quelli di venti anni fa, ma sono la generazione che è complicata figlia dei nostri tempi, forti e deboli nello stesso tempo, ingenui e smaliziati. E io penso che quando il festival (attraverso i suoi film, i suoi ospiti o gli eventi) riesce in qualche modo a toccare la sensibilità di uno di loro ha – a dispetto di qualsiasi polemica fondata o sterile che sia – raggiunto il suo scopo.
Ecco. E’ appena successo ciò che sempre mi aspetto da eventi del genere. E cioè che una risposta intelligente a una domanda intelligente possa essere in qualche modo di ispirazione anche solo a uno dei tanti giovani che vivono il festival con sincero entusiasmo. Perché il festival è così: da un lato è una macchina commerciale che non fa altro che il suo lavoro coinvolgendo vip, imprese e sponsor (nonché un buon pizzico di politica) e che puntualmente – nel giusto o ingiusto – è costante oggetto delle critiche più disparate. Dall’altro lato ci sono i ragazzi, per i quali è stato creato tutto ciò. Ragazzi che non sono più quelli di venti anni fa, ma sono la generazione che è complicata figlia dei nostri tempi, forti e deboli nello stesso tempo, ingenui e smaliziati. E io penso che quando il festival (attraverso i suoi film, i suoi ospiti o gli eventi) riesce in qualche modo a toccare la sensibilità di uno di loro ha – a dispetto di qualsiasi polemica fondata o sterile che sia – raggiunto il suo scopo.
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