I fatti sono
semplici. Non ci sono i soldi per pagare l’affitto. Solo che l’affitto in
questione è quello di una biblioteca contenente circa trecentomila libri la cui
stragrande maggioranza sono testi storici come ad esempio quelli di Benedetto
Croce, Giordano Bruno e la prima versione italiana dell’Encyclopedie di Diderot
e D’Alembert. Per mancanza di fondi, dunque, la biblioteca chiude e da Napoli
si trasferisce a Casoria. Abbastanza senza speranza gli impegni presi da De
Magistris ma soprattutto senza risposta gli appelli a Monti (probabilmente sarà
stato impegnato, immerso in algoritmi, seni e coseni, a tentare la mistica quadratura del cerchio). La cosa interessante è
che l’avvocato Marotta, proprietario della biblioteca, aveva proposto di
trasferire i tomi nel Real Albergo dei poveri (ve lo ricordate? Ne ho parlato
in un precedente articolo titolato “la mostra Body Worlds a Napoli” che potete
consultare all’inizio di questo blog), la qual cosa sarebbe stata auspicabile
non solo per la ricollocazione dei libri ma anche per la connessa rivalutazione
del luogo. Ovviamente, nulla di fatto.
Quindi,
che dire? Evidentemente ancora una volta un episodio dal genere solleverà
qualche polemica, ma per nostra fortuna le voci che si alzeranno sono quelle di
quei quattro intellettualini che stanno lì con un occhio sui libri e l’altro
puntato sui giornali, in attesa che spunti fuori la notiziola-vergogna che tira
le orecchie al governo. Si, l’abbiamo capito. In Italia c’è una forte carenza
di interesse nei confronti del patrimonio culturale. Si, è vero. Per una mostra
che si inaugura, due ne vengono chiuse. O peggio, per un muro che crolla, tre
musei vengono chiusi. E poi ancora, le scuole cadono a pezzi. La ricerca non ha
fondi. I luoghi turistici non sono adeguatamente valorizzati. E bla, bla, bla.
E
in tutto ciò i quattro intellettualini stanno sempre lì, con penna e carta in
tasca, le orecchie tese pronte ad auscultare anche il minimo scricchiolio di
edifici, tavole e sedie per poi subito versare fiumi di inchiostro nei quali
sciorinare citazionismo e sventagliare un po’ di fresco passato in faccia ai
volti stantii della modernità. Marciano compatti, i nostri quattro. Fanno su e
giù per l’Italia, commentando amaramente il turismo assassinato dai lidi
abusivi e si siedono affranti sui calcinacci dell’Abruzzo e dell’Emilia. E
dovunque vadano, lasciano il loro marchio fatto di inchiostro indelebile. Nero,
ad imperitura memoria.
Ma
quanto sono attivi, questi quattro intellettualini, quanto si prodigano. Per
loro dietro ogni paesaggio c’è un quadro settecentesco, dietro ogni cupola un
architetto, dentro ogni libro un cuore che pensa. La fanno facile loro. Basta
leggere. Basta sapere. Basta conoscere. Stanno sempre lì a ciarlare di
biblioteche e tomi antichi. Di affreschi, statue e tele. Convinti che questa
roba possa davvero risollevare la dignità italiana, sempre più ricacciata nel
fondo del fondo. Non hanno capito, questi quattro, che abbiamo a che fare con
cose serie. C’è da combattere lo spread, far quadrare i conti. Bisogna puntare
allo stretto indispensabile. E gli intellettualini, intanto, si meravigliano di
come sia possibile che una persona laureata in economia non sia capace di
capire il potenziale finanziario di un adeguato sfruttamento del patrimonio
turistico e culturale italiano. Certo che davvero hanno poco da fare, questi
quattro.
E
certo che non hanno niente da fare, visto che stanno tutto il tempo a scrivere.
Stanno lì, in cerca di notizie del genere. Per poi commuoversi o arrabbiarsi, a
seconda dei casi e dei caratteri.
Ma chi glielo
fa fare?
E’ proprio
questo il punto: perché lo fanno?
Perché
sprecare tanta energia, tanto impegno?
Boh, chi lo
sa. Tuttavia, bisogna diffidare dalle persone che fanno una cosa di propria
spontanea volontà. C’è il rischio che la facciano perché ci credono davvero.
Chissà poi cosa sperano di fare.
Ah, per la
cronaca io sono uno dei quattro. Orgogliosamente, uno dei quattro.
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