Quarantadue anni fa a Riace, in provincia di Reggio Calabria, vengono
rinvenute due statue di bronzo di dimensioni colossali (terminologia
usata per indicare qualsiasi statua o scultura dalle dimensioni maggiori
di quelle reali) rappresentanti due figure maschili in nudità eroica
reggenti probabilmente armi oggi andate disperse. Le statue sono
originali greci databili genericamente al V sec. a. C., le cui
caratteristiche (iconografia e collocazione) sono tuttora oggetto di
discussione e molteplici sono le teorie fatte in proposito.
Attualmente sono contese tra l'EXPO di Milano che li vorrebbe esporre
temporaneamente durante l'evento dell'anno prossimo come modo per
rappresentare l'Italia e la provincia di Reggio Calabria (nella
personalità giuridica del "Comitato per la Valorizzazione e la Tutela
dei Bronzi di Riace e del Museo Nazionale della Magna Grecia" che invece
non vuole che tali statue si spostino da dove sono collocate
principalmente per motivi di sicurezza, essendo i due manufatti
estremamente fragili.
Preservare la conservazione di un reperto
archeologico è la prima regola di un buon restauratore nonché di un buon
archeologo e verrebbe facile condividere senza alcuna ombra di dubbio
le tesi che vorrebbero lasciare i due bronzi là dove si trovano,
ieraticamente poggiate sul loro basamento antisismico in marmo di
Carrara. Tuttavia, risulta difficile credere alla buona fede di tanti
patrioti dei beni culturali – e in particolare di quelli che difendono
proprio quelle due statue – se proprio recentemente le abbiamo viste
vittime (evidentemente per mancanza di responsabilità da parte di chi le
gestisce) di “vandalismi artistici” ( http://www.repubblica.it/cronaca/2014/08/02/foto/bronzi_di_riace_con_tanga_e_velo_da_sposa_polemica-92989875/1/?ref=HRESS-1#1
) e che ancora precedentemente sono state interdette al pubblico dal
dicembre 2009 al gennaio 2014, tenuti in posizione stesa sul dorso in
una sala del palazzo Campanella a Reggio Calabria per tutto questo tempo
( http://www.corriere.it/cronache/13_luglio_05/museo-chiuso-per-lavori-i-bronzi-di-riace-senza-casa-da-1291-giorni-sergio-rizzo_8e06732a-e52c-11e2-8d17-dd9f75fbf0e3.shtml ).
Persone che hanno una memoria storica molto più corta della mia, non ricorderanno tra l’altro il caso del cd. “Satiro danzante” di Mazara del Vallo, statua dotata di una natura estremamente più fragile dei due bronzi di Riace, ma che tuttavia ha incontrato il favore di quanti, all’epoca, beneficiavano politicamente e socialmente di una sua esposizione al Museo Nazionale di Tokyo nel 2005, per la quale l’Istituto Centrale per il Restauro creò appositamente una struttura in fibra di carbonio.
Persone che hanno una memoria storica molto più corta della mia, non ricorderanno tra l’altro il caso del cd. “Satiro danzante” di Mazara del Vallo, statua dotata di una natura estremamente più fragile dei due bronzi di Riace, ma che tuttavia ha incontrato il favore di quanti, all’epoca, beneficiavano politicamente e socialmente di una sua esposizione al Museo Nazionale di Tokyo nel 2005, per la quale l’Istituto Centrale per il Restauro creò appositamente una struttura in fibra di carbonio.
I dati di questi eventi oggi non servono tanto
a stabilire dove sia la giustezza nel negare o concedere il prestito
dei bronzi a Milano, ma più che altro servono a ricordarci due dettami
fondamentali della gestione dei beni culturali, e cioè in primis che
devono produrre introiti economici e poi che siccome siamo in Italia non
solo non siamo capaci di applicare la prima regola, ma inoltre
conservazione e fruizione sono concetti che sventolano senza logica e
senza direzione, a seconda di quale vento politico o populista soffi.
In ogni caso, buon compleanno bronzi. E scusateci se quarantadue anni fa vi abbiamo trovati e trasportati qui in Italia.
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