Ed eccolo lì, è tornato Seth McFarlane, l’uomo più privo di
talento della storia dell’umanità. Dopo aver copiato pari pari i Simpson
sfornando due brutture abbastanza patetiche come “Family guy” e “American Dad”
(santo Dio, mi spiegate che differenza c’è tra i due cartoni e soprattutto che
differenza hanno con il prodotto di Matt Groening se non quello, appunto, di
essere un plagio riuscito male?), la fantasia meno inventiva e meno comica di
tutti i tempi si è dedicato al cinema, inizialmente con “Ted”, che ovviamente è
la copia di un altro prodotto televisivo, e cioè il serial “Wilfred” (esistente
nella sua duplice versione americana e australiana), mentre ora approda
nuovamente al grande schermo con “A million way to die in the west”, che non ho
ancora visto e ovviamente non vedrò per adesso perché non ho intenzione di
spendere neanche 20 centesimi per questo ennesimo lavoretto. Aspetterò di
reperirlo in maniera gratuita e nel frattempo mi diletterò cercando di indovinare
di quanti e quali altri prodotti ne sarà la copia. Per ora il primo nome in
classifica è “Il mio west” di Pieraccioni, anche perché di quest’ultimo ne
condividerà la bruttezza, presumo.
Tuttavia, l’uscita del poster promozionale mi ha suggerito
che il ladruncolo senza immaginazione ha già saccheggiato l’immagine-simbolo di
un altro film, “Picking up the pieces” (“Ho solo fatto a pezzi mia moglie”) di
Alfonso Arau e datato 2000.
Un bell’applauso dunque a Seth McFarlane, re dei mediocri e
sicuramente l’essere più inutile che abbia mai bazzicato TV e cinema.
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