Samuel Taylor Coleridge - THE RIME OF ANCIENT MARINER

domenica 9 agosto 2015

Majakovskij suicida di notte



Sushi, e un po’ di tristezza. E viole con corde d’ottone, come d’ottone è il colore degli anni. Ramati, cupi, opachi. Pronti a brillare alla prima passata di straccio. Brillare sotto i fanali, sotto le luci gialle dei lampioni la sera, sotto gli sguardi stanchi e le vie assonnate. Ah, signorina C., signorina C., che ne sa lei di quanta storia ci hanno lasciato i nostri anni? Che ne sa del colore degli occhi, dei suoi occhi, che non dicono niente e sussurrano graffi nel buio? Cosa ricorda della fantasia, delle stazioni – quelle che erano e quelle che sono – dei passaggi all’inferno e delle strade costeggiate muro per muro, ubriaco e sognante di lei? Bruciore di stomaco e di sangue sempre troppo vivo e troppo caldo. Sangue stagnante in questa notte, in questo silenzio che gioca a carte con le notti dei poeti al liceo, di tanta letteratura scritta gettata raccolta bruciata e ingoiata.
A cosa vale un pensiero poetico nello sferragliare degli eventi, con il cuore puttana e il ricciolo di una sua parola incastrato in gola? E voi, signora Rivoluzione e signorina Anarchia, che mi sapete dire dell’anfratto che avete scelto per pugnalarmi alla schiena con più facilità? Voi che avete la mia lista dei nomi di donna, voi sì che sapete qualcosa, e che dovreste dirmela e invece state lì come statue antiche tra i clacson che abbaiano lontano e le carte stropicciate dal sudore. Fa caldo, ed è un caldo d’estate. Denso, sfocato nell’aria, stretto alla gola come un pianto. Signorina C., mi sono svegliato nella notte e lei non immagina quanto è brutto tutto ciò che ci divide.
Vogliamo vivere insieme? Eh?


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